Babylon: la terra dei sogni (infranti)

Carlo Martino

11/30/20245 min read

Come s’infrange un sogno? E in quanti modi diversi può frantumarsi?

L’ultimo film di Damien Chazelle, Babylon (2022), nel raccontare lo splendore, in modo accecante, e l’oscurità, in modo offuscante, della Hollywood degli anni ‘20 e ‘30 colpita dalla rivoluzione del sonoro, è capace di plasmare i sogni dei suoi protagonisti e di ridurli in cenere in modi differenti.

La trama segue principalmente la storia di Manuel “Manny” Torres (Diego Calva), giovane immigrato messicano che sogna di lavorare nel mondo del cinema e che si innamora perdutamente di Nellie LaRoy (Margot Robbie), aspirante attrice proveniente dal New Jersey.

Intrecciata alle vicende di Manny e Nellie è quella di Jack Conrad (Brad Pitt), inarrivabile divo del cinema muto, alcolizzato e dongiovanni.

Il film, inoltre, pullula di varie figure caratteristiche del folclore hollywoodiano, dei veri e propri ideal-tipi (come ideal-tipi sono anche i tre protagonisti), necessari per raccontare un’epoca del cinema nei suoi più minimi particolari.

Tra questi spiccano: il trombettista jazz afroamericano Sidney Palmer (Jovan Adelpo), la cantante sino-americana di cabaret Lady Fae Zhu (Li Jun Li), la giornalista di pettegolezzi Elinor St. John (Jean Smart) e l’eccentrico gangster James Mckay (Tobey Maguire).

Babylon esibisce le precise fattezze di ciò che racconta: è un film smodato, sfarzoso, scandaloso, che ripudia i limiti e la misura, a tratti squisito e a tratti nauseante, che si tinge dei toni più sgargianti e di quelli più raccapriccianti, ma che si ritaglia anche dei momenti di soave raffinatezza e sconsolato lirismo.

Chazelle dimostra ancora una volta che una delle sue migliori qualità è quella di rendere narrativa la forma, che si realizza assecondando i caratteri del contenuto, in un’impresa stilistica attenta ed efficace.

Per gli appassionati, il film non potrà che essere accolto come tra i più esaltanti ed edonistici pensati fino ad ora.

L’Hollywood Babilonia narrata nella pellicola è il magico luogo in cui i sogni possono realizzarsi in un istante e polverizzarsi l’istante dopo, sorte che spetterà, in modi differenti, ai personaggi del film.

Che Babylon, similmente ai suoi protagonisti, si sia avvicinato tanto al sole fino a bruciarsi e precipitare come Icaro?

Questa è una domanda a cui ogni singolo spettatore dovrà trovare risposta.

La meteora LaRoy

Margot Robbie veste i panni di Nellie LaRoy (ispirata a Clara Bow, prima trasgressiva “It Girl” di Hollywood e stella dell’età del jazz), un’aspirante attrice, sfacciata e seducente, che imbucandosi alla festa nella villa di un dirigente dei Kinoscope Studios, Don Wallach (sequenza inziale del film), inizia fortuitamente una fortunata carriera nel cinema muto, basata sulla sua intraprendenza, fascino e avvenenza.

Con l’avanzare delle vicende, Nellie rimane vittima dei suoi demoni interiori, legati a una difficile situazione famigliare alle spalle e i quali il successo non mette a tacere, delle sue dipendenze, in particolare alcol e gioco d’azzardo, e della stessa sconsideratezza che l’aveva portata a trovarsi sotto le luci della ribalta.

Nonostante le varie occasioni di ripulirsi e di risollevare la sua carriera (procuratele soprattutto da Manny), Nellie non impara dai suoi errori, non riesce a porre alcun freno alla sua indole e il suo spirito, prima entusiasta e bramoso, poi affranto ed esausto, ma sempre indomabile, finisce per portarla all’autodistruzione.

Il suo sogno di diventare un’attrice, appena trasformatosi in realtà, inizia a consumarsi e a corrodersi fino a spegnersi, tracciando un percorso simile a quello di una meteora.

Come una meteora sono la carriera e la vita di Nellie LaRoy.

Manny e l’inseguimento di un’illusione

Manuel “Manny” Torres, interpretato da Diego Calva (e ispirato in parte a René Cardona), è un immigrato messicano tuttofare che sogna un giorno di lavorare in un set cinematografico e che, alla festa con cui si apre il film, si invaghisce follemente di Nellie LaRoy.

Manny comincia accidentalmente ad assistere Jack Conrad, per poi diventare sound executive e infine perfino studio executive: la sua storia illustra davvero come in quella Hollywood dei sogni la determinazione e il talento potessero tramutare i più inimmaginabili desideri in sfavillanti realtà e innalzare al successo gli ultimi per estrazione sociale.

Si potrebbe dunque concludere che il suo sogno di lavorare a Hollywood si sia realizzato, eppure il suo astro nascente è piegato e poi atterrato dall’altro suo sogno: Nellie.

Manny insegue Nellie per tutto il film, addirittura accetta l’incarico di studio executive ai Kinoscope Studios così da tentare di salvarle la carriera e cerca di saldare un debito che l’attrice si è procurata giocando d’azzardo con il pericoloso gangster McKay.

Infine, quando Manny, nonostante tutto, sembra riuscito a raggiungere Nellie e i due decidono di non lasciarsi più andare, ecco che lei non riesce ancora una volta a piegare la sua indole alla sua promessa.

Manny lascerà Los Angeles e con essa il sogno di lavorare nel cinema e quello di costruire un futuro insieme a Nellie, sogni che si sono intrecciati, toccati, ma la cui collisione determina la loro reciproca frantumazione.

Jack Conrad: la fine di una stella

Il personaggio meglio riuscito dell’intero film è Jack Conrad (ispirato soprattutto a John Gilbert), divo assoluto del cinema muto, irraggiungibile per doti, fascino e fama, incapace di rompere il rapporto con l’alcol come di preservare quello con una compagna, che con la rivoluzione del sonoro vede la sua stella affievolirsi fino a spegnersi, nonostante i suoi tentativi di riaccendere la fiamma della sua fama.

È difficile pensare a un attore più adatto di Brad Pitt, in una delle migliori performance della sua carriera, per interpretare Conrad.

Per dare il volto a un divo, in un periodo del cinema (e per molto sarà ancora così) in cui i film sono realizzati attorno ai loro protagonisti perché questi possano esibire il proprio star-symbol, la scelta non poteva che ricadere su uno degli ultimi grandi divi che Hollywood ha da offrire.

Dopo una prima parte del film in cui Jack Conrad dà mostra della vita, delle qualità e degli eccessi di un attore del suo calibro, l’attore incarna la nostalgica realizzazione di chi si accorge che è suonato l’ultimo rintocco, di chi, a lungo sulla bocca di tutti, è dimenticato in un batter d’occhio, di chi, illuminato dalla più fulgida luce, vede calare il tramonto su di sé.

Pitt è capace di donare una malinconia e una delicatezza al suo Jack Conrad che permettono allo spettatore di immedesimarsi totalmente con il divo, in un’interpretazione che lo avrà sicuramente portato a riflettere sulla sua di carriera (nonostante la luce di Brad Pitt rifulga ancora più intensamente che mai, red carpet a Venezia 2024 con George Clooney docet).

Prima di rassegnarsi, Jack continua a recitare in alcuni film sulle ali di un amore per il cinema che prescinde dal suo successo personale.

Infine, il divo è succube del disorientamento che assoggetta chi ha vissuto tutta la vita sul palcoscenico e vede calare su di sé il sipario.

Un sogno, anche quando si realizza nella forma più sfolgorante, non è per sempre e, come si oscura quella di Jack Conrad, ogni stella è destinata a spegnersi.

Nonostante i sogni dei protagonisti si siano, ognuno a loro modo, infranti, questi non risultano vani.

Infatti, si aggiungono ai sogni di tutti coloro che hanno visto nella settima arte la loro chiamata di vita per contribuire a formare quella macchina dei desideri che è e continua a essere il cinema, come sancisce un finale che è un commovente omaggio ai film di tutti i tempi.