It's a new life for me - Rinascere in un giorno perfetto

Mattia Bertan

6/3/20256 min read

Nell’ormai lontano 2018 la fondazione filantropica Nippon foundation diede il via ad un progetto di riqualificazione urbana del quartiere di Shibuya a Tokyo. Questo comprendeva la costruzione di 17 nuovi bagni pubblici e prendeva il nome di The Tokyo Toilet. Qualche anno più tardi, nel 2023, il comune di Shibuya propone la realizzazione di un film-documentario per sponsorizzare il progetto. Il regista incaricato è Wim Wenders ed il risultato è il lungometraggio Perfect Days, ovvero, in altre parole, un capolavoro.

Prima di parlare della trama di quest'opera, è assolutamente necessario parlare del suo protagonista interpretato da Kōji Yakusho. Hirayama, è un sessantenne addetto alle pulizie di alcuni bagni pubblici a Tokyo e vive una vita molto semplice: accudisce le sue piante, frequenta sempre lo stesso locale, si diletta nella fotografia e ascolta le sue vecchie musicassette a cui tiene più di qualsiasi altra cosa. Ogni piccolo gesto quotidiano rispecchia una ritualità che riesce a trasmettere anche allo spettatore armonia e pace interiore. Tuttavia, la trama comincia a districarsi proprio quando questa routine comincia a incrinarsi: il difficile rapporto con un giovane collega, una visita inaspettata e una curiosa storia romantica mettono alla prova la serena semplicità di Hirayama.

L’apparente superficialità della pellicola nasconde tra un fotogramma e l’altro una profondità di messaggio e analisi che lascia sgomento anche lo spettatore meno attento. È necessario disturbare politica, psicologia e soprattutto filosofia per comprendere appieno lo spirito di questa opera e il punto di partenza non può che essere uno: chi è veramente Hirayama? Del suo passato ci vengono suggeriti pochissimi indizi: proviene da una famiglia benestante ed ha avuto un difficile rapporto col padre. Per raccogliere qualche informazioni in più è necessario scomodare un’intervista al regista promossa dalla testata The Progressive:

«I’ll give you this much: He was a businessman and he was rich and he was unhappy and he was drinking a lot and his life was going down the drain. [...] He thinks his life is shit, and he doesn’t like it. He actually plays with the idea of ending it. Then, miraculously, early in the morning, there’s this ray of sunlight appearing on this wall in front of him [...], and he looks at it and stares at it and he starts crying, because he’s never seen anything so beautiful. He probably has seen it, but he hasn’t noticed. Then he realizes that’s the answer to his existential crisis, to become somebody who notices that».

Con l’aggiunta di queste poche informazioni, il film assume una luce completamente diversa. La dolcezza della semplicità e dei piccoli riti nascondono quindi un retrogusto amaro. Dietro questa positività di facciata scopriamo una vita che non voleva essere vissuta, la disperazione e la traumatica verità del fallimento più estremo. Tutto si traduce negli incubi che il povero Hirayama soffre costantemente e nella consapevole alienazione dal mondo che lo dipinge solo in un mondo pieno di vita. Si contano sulle dita di una sola mano le persone con cui il protagonista riesce ad avere un contatto ed un dialogo umano, alle volte con la sorpresa di tutti gli spettatori. Si ha dunque un risveglio, o rinascita, che nel suo caso ha come presupposto un allontanamento da tutto ciò che gli ha portato dolore nella “sua vita passata”.

Tutto questo profilo psicologico si può tranquillamente ricollegare ad un più ampio discorso filosofico e, in questo specifico caso, è doveroso scomodare la grande domanda per antonomasia: il significato della vita. Alla fine Perfect Days tratta proprio di questo. Qual è il nostro scopo nel mondo? Cosa ha spinto Hirayama a voler rinascere e abbandonare la sua precedente vita da imprenditore di successo. Albert Camus, filosofo e scrittore francoalgerino, direbbe che non esiste uno scopo nella vita e, ancora, che nemmeno l’umanità non ha un senso nella propria esistenza. Per farla breve ed evitare di annoiare i lettori, anche se può sembrare un messaggio di estremo nichilismo e rassegnazione nei confronti della vita, non lo è affatto. La mancanza di un senso assoluto è sintomo di estrema libertà nei confronti della vita e permette di creare un senso personale ed intimo di ciò che si vuole sia il nostro obiettivo. La vita di Hirayama rispecchia questa scelta, lui ha trovato un senso ed uno scopo nella sua vita per quanto buio possa essere stato il suo passato. Si può affermare che è nella rinascita che l’uomo compie se stesso e trova il proprio posto nel mondo.

Non bisogna tuttavia dimenticare che quest’opera non si vuole limitare a delineare una storia psicologica del protagonista o consegnarci un’astratta (ma terrena) filosofia sulla condizione umana. La storia di questa pellicola è anche una storia proletaria, ricca di dignità e senso del dovere verso la società tutta. Nonostante il suo lavoro come addetto ai bagni pubblici sia considerato nei più bassi gradini della gerarchia sociale, come varie scene del film vogliono calcare in maniera abbastanza cruda, Wenders riesce a trasmettere lo stesso senso di dovere e importanza che prova ogni mattina Hirayama mentre, seguendo il solito rituale, si prepara al suo turno lavorativo.

Riprendendo brevemente le precedenti due analisi psicologiche e filosofiche, si può aggiungere un aspetto molto importante alla questione politica: alla stessa maniera di come la vita di Hirayama rinasce dalle piccole cose, e di come proprio queste riescono a tessere un significato soggettivo e intimo per ogni essere umano, anche nella questione lavorativa vale lo stesso principio. Non esiste, a livello umano, mansione più importante di altre, è tuttavia nella loro capacità di trasmettere e donare qualcosa alla società intera che risiede la vera differenza. Per il protagonista il denaro ha completamente perso il suo astratto valore feticistico. Arriva al punto, in un significativo passaggio del film, di donare tutti i soldi che gli rimangono al suo giovane collega, che cerca di spingere Hirayama a vendere le sue preziose (economicamente e sentimentalmente) musicassette.

Lungo tutto l’articolo si è utilizzato un termine molto specifico: rinascita. Se si andasse a consultare il vocabolario online Treccani questa è una delle tre definizioni che vengono fornite: «Riferito a persona, tornare a una condizione, a uno stato particolare [...], tornare in buone condizioni fisiche o morali dopo una crisi: “qui in campagna è proprio rinato”; “a quelle parole si sentì rinascere”». Se si dovesse utilizzare un singolo termine per definire complessivamente questa pellicola, rinascere sarebbe il più appropriato per il ruolo. Rinascere riesce a toccare tutte le sfumature che sono state analizzate in questo articolo, raccogliendo anche i lati più oscuri e negativi che non devono essere trascurati.

Per concludere quest’analisi si sarebbe potuto citare il brano Perfect day di Lou Reed, prodotta da David Bowie e Mick Ronson nel lontano 1972. Certo, è la canzone che fornisce un titolo alla pellicola e che in parte riassume la condizione terrena di Hirayama nella sua semplicità disarmante. Tuttavia nella (spettacolare) colonna sonora del film è presente un brano che supera l’importanza sia narrativa che concettuale del testo di Lou Reed e che riesce a fornire la perfetta conclusione a questo articolo oltre che a catturare, in maniera molto palese, il messaggio di rinascita. Si tratta di Feeling good nella cover di Nina Simone del 1965 ma che molti conosceranno per la più recente versione di Michael Bublé. Narrativamente conclude il lungometraggio in maniera magistrale con un primo piano sul volto coperto di lacrime di Hirayama ed illuminato dai raggi del primo mattino.

«Stars when you shine, you know how I feel

Scent of the pine, you know how I feel

Oh, freedom is mine

And I know how I feel

It's a new dawn

It's a new day

It's a new life for me

I'm feeling good»


È una nuova alba, è un nuovo giorno, è per me una nuova vita, e mi sento bene. Quello che veramente insegna Perfect Days è che ogni giorno rappresenta un’opportunità per cambiare la nostra vita in meglio ed essere felici ovvero, in altre parole, per rinascere.