La stop-motion nel cinema: un “IBRIDO” tra artigianalità e avanguardia. Intervista al regista Massimo Ottoni

Andrea Piumarta

5/5/20255 min read

In occasione degli Stop e-Motion Days abbiamo incontrato il regista Massimo Ottoni, che durante le giornate del festival ha tenuto un Collegium riservato a una selezione di giovani studenti di cinema ed è stato anche membro della giuria per il concorso Italian Shorts. Massimo Ottoni è uno dei maggiori esponenti della stop-motion italiana: ha realizzato diversi cortometraggi d’animazione, spot pubblicitari e ha diretto le sequenze animate di Nessuno Mi Troverà: lungometraggio di Egidio Eronico del 2015 sul fisico Ettore Majorana. Nel 2016 ha insegnato presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino e l’Istituto Europeo di Design (IED) di Milano, seguendo due progetti di diploma come tutor e, dallo stesso anno, è co-fondatore di Studio IBRIDO.

Ciao Massimo, grazie per essere qui agli Stop e-Motion Days. Siamo onorati di averti come ospite. Partiamo con la prima domanda: come e quando è nata la tua passione per la stop-motion?

MASSIMO OTTONI: Devo dire che in realtà l'ho scoperta un po' tardi. Perché, quando ero ragazzo – e io sono di Ascoli Piceno – non è che, ovviamente, si parlasse tanto di animazione, e tanto meno di stop-motion. Conoscevamo cosa fosse, però l'idea di poterlo fare in prima persona era qualcosa di lontanissimo. Avevo fatto l'Istituto d'Arte, avevo tante passioni legate all'illustrazione, mi piaceva molto la scultura, la musica, la letteratura e molto altro ancora.

Quando mi sono iscritto all'università a Roma alla facoltà di lettere – il corso era una specie di DAMS che metteva insieme un po' tutte queste passioni – ho cercato di avvicinarmi alla regia cinematografica e ho trovato ovviamente tanti ostacoli, tanti scogli che chiunque ci provi trova sulla sua strada. Finché, non ho scoperto l'animazione stop-motion con un'idea folle, che all'inizio era fare un corto da solo,di partendo da zero. Questo ha voluto dire passare un'estate chiuso in una stanza al buio, con la plastilina, facendo tutto da autodidatta, improvvisando e senza sapere nulla di nulla. Ma il risultato, per quanto fosse mediocre, era comunque abbastanza buono per me da darmi il coraggio di andare avanti.

A Roma ho poi conosciuto il Centro Sperimentale e uno dei miei primi maestri, Stefano Argentero, che aveva fatto il Centro Sperimentale di Animazione. È un grande appassionato e maestro di stop-motion, che ha portato questa idea molto improvvisata a diventare qualcosa di un po' più di concreto, finché poi sono entrato al Centro Sperimentale di Torino, e lì è diventata poi una vera professione.

Quali sono le influenze che ti hanno portato a spaziare dalla fantascienza distopica di Imperium Vacui (2014) al cyberpunk/post-apocalittico di Water Hunters (2016), passando per il dramma bellico di Lo Steinway (2016) e lo slapstick cartoonesco di Corkscrewed (2019)?

M.O: Diciamo che avere tanti interessi, essere appassionato di tanti generi e tante espressioni artistiche diverse mi ha portato a spaziare anche in quello che faccio. Io penso che lo stile non debba necessariamente essere qualcosa che si spiattella sopra la tua opera, ma sia qualcosa di più sottile che può dare un senso anche a opere molto diverse. Devo dire che mi sono divertito molto a fare Corkscrewed, il corto con i cavatappi, ed era proprio quello di cui avevo bisogno in quel momento.


Mentre sia Lo Steinway che Imperium Vacui affrontano temi a cui tengo di più, un po' più impegnati. Però chiunque di noi può trovarsi bene, in certi momenti della vita, a fare una battuta o un discorso serio e questo, secondo me, vale anche per l’arte: c’è il momento per divertirsi e il momento per essere un po’ più seri. Perché poi, un po’ di ironia cerco di conservarla sempre, anche quando ci si approccia a materie più impegnative. E quindi penso che sia qualcosa che mi arricchisce: mettere le mani su tanti progetti diversi e sperimentare anche con linguaggi differenti.

Al festival si è tenuto un talk molto interessante dal titolo AI & Stop-Motion. Considerando la natura artigianale della stop-motion, pensi che l'intelligenza artificiale possa essere utilizzata in modo etico all’interno di questa tecnica?

M.O: Io penso di sì. Chiaramente stiamo assistendo a una rivoluzione che forse non è tanto diversa da quella che fu l’introduzione dei software per computer, per la grafica 3D o il compositing, ma sicuramente è più veloce e più dirompente. Dobbiamo farci i conti per forza: non c’è una scelta sul “se” questa cosa avverrà, o meno. Possiamo solo cercare di capirla e di capire qual è il modo di utilizzarla in maniera più etica. Il che vuol dire sia senza sminuire il lavoro umano, ovviamente, sia senza l’appropriazione di contenuti artistici di altre persone.

Chiaramente molte polemiche derivano dal fatto che l’intelligenza artificiale è usata spesso per plagiare, ma è diventato semplicemente molto più facile. Perché anche prima, se tu chiedevi a un artista di farti una cosa nello stile di Miyazaki, poteva fartela — solo che magari ci metteva una settimana, e non ne valeva la pena. Adesso basta premere un bottone, e chiaramente tutti ci provano. Quindi sì, è una cosa che mi incuriosisce molto, che apre tantissimi discorsi sia pratici che etici, e che intendo seguire. Spero di avere un po’ di tempo per studiarla in maniera più approfondita.

Hai qualche nuovo progetto in cantiere?

M.O: Sì, adesso con il mio Studio IBRIDO stiamo ultimando la produzione di una serie TV — che però, è in 2D, non è in stop motion — di cui sono regista e co-autore, e che dovrebbe essere finita entro novembre. Quindi, al momento, il 99% delle mie energie è concentrato su quello. Però ci sono tanti progetti che hanno più o meno possibilità di emergere nel prossimo futuro a cui tengo molto. Alcuni sono in stop-motion in quanto, nonostante sia una tecnica difficile da portare in produzione — richiede costi, spazi e manodopera non indifferenti — è la cosa che, da sempre, mi piace di più e con cui mi diverto di più. Quindi spero di poter rimettere presto le mani nella plastilina.

C’è un genere in particolare che ti piacerebbe esplorare in futuro?

M.O: In realtà mi piacerebbe provare a fare qualcosa che si svincoli un po’ dai canoni narrativi e vada più sul lato sperimentale. È un pallino che ho sempre avuto, ma che non ho mai avuto davvero l’occasione di mettere in pratica. In generale ciò che concerne il cinema sperimentale, o addirittura la videoarte, mi intrigano molto e spero di riuscire a sperimentarli presto.

Non resta che ringraziare nuovamente Massimo Ottoni per il suo tempo e lasciarvi alla visione dei suoi splendidi corti.


Un fotogramma da Imperium Vacui

Un fotogramma da Corkscrewed

Un fotogramma da Lo Steinway

Imperium Vacui (co-regia con Linda Kelvink)

Water Hunters (co-regia con Salvatore Centoducati)

Corkscrewed

Lo Steinway

Massimo Ottoni sul set di Imperium Vacui